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Addomesticando la bestia

gennaio 2, 2015

“Farò tutto il possibile e l’impossibile per classificare il mio paese alle Olimpiadi di Rio 2016”

Domando la bestia

Foto: Anuschka Seifert

Ci siamo appena allenati davanti al Fórum di Barcellona. Come sempre, c’è il conto alla rovescia: 3, 2, 1… Partenza! – Sì! sto facendo storia, sì! Farò tutto il possibile e l’impossibile per classificare il mio paese alle Olimpiadi di Rio 2016. Ma senza cammino non si arriverà alla meta. È bellissimo essere sulle falde dell’Everest e guardare la cima. Se vuoi conquistarla, bisogna fare qualcosa per arrivarci. È bellissimo anche immaginare di essere sul podio con la medaglia d’oro in mano, medaglia per cui ho lottato durante anni per il mio paese e per me. Ma non basta solo sognarlo, bisogna lavorare.

Per poter arrivare a questa meta, bisogna fare tutto il lungo percorso dall’inizio alla fine. Bisogna conquistare ogni millimetro, senza fiatare, né brontolare, e ti confesso che ogni giorno c’è qualcosa che mette alla prova la mia pazienza, la mia resistenza, la mia costanza, la mia capacità di addomesticare quella bestia che è il Nacra 17.

È una delle barche a vela leggere più veloce al mondo. Con lei vai sull’acqua in direzione del vento, ovvero, la maggior parte del tempo vado a tutta velocità con un pattino sollevato, appesa al trapezio e in punta di piedi sullo scafo (della barca), ben tesa verso l’esterno con il sedere sopra il mare, per far in modo che il massimo del peso stia fuori dell’imbarcazione e maneggiando (trimmando) la cima (la scotta) della vela maggiore. La scotta è una cima con cui apri o chiudi la vela tirandola o lasciandola andare.

Tutto il corpo lavora come se fosse un blocco, imprescindibile per tutti i movimenti che faccio con la barca. Non è un minuto, né due, né tre… come in palestra, quando l’allenatore ci chiede di fare l’esercizio di trazione e flessione di braccia con le cinture TRX, così di moda ultimamente. No! Sono come minimo 15 minuti tutto d’un fiato. Il mio corpo deve essere allenato e deve funzionare come una macchina. Allento io o sento la protesta di qualsiasi muscolo, so perfettamente che qualcosa sta per succedere, qualcosa d’indesiderato… Ma questo non è tutto, ci sono altre variabili come il vento e l’ondosità con cui devo lottare ogni giorno.

Il Nacra 17 è così rapido come difficile da governare. Se indugi un millesimo di secondo, verrai sparata dalla barca a tutta velocità finendo tra le onde, volando con la barca in aria, o, ancora peggio, la barca rovesciata in acqua e, può essere, con l’albero rotto. Questo sì, vivi l’adrenalina a mille, non importa niente in quel momento, né i colpi né le botte che scopri di avere una volta tornato con i piedi per terra. Per dirti la verità, al momento non sentì neanche gli impatti. Sono parte della scommessa di essere all’interno di un’inedita classe olimpica che ha iniziato senza dubbio una nuova era nella vela olimpica. Il Nacra 17 uscì nell’anno 2012, son solo 2 anni che esiste, quindi ci sarà un prima e un dopo. Sto ancora addomesticando questa bestia.

I percebeiros (raccoglitore di percebes, = lepadi) delle coste galiziane sanno molto bene che si giocano ogni giorno la loro vita sfidando mille volte il mare: queste montagne di onde, che devono saper leggere e interpretare per poter strappare questo frutto di mare agli indomabili artigli dell’oceano. È quello che hanno imparato per riempire la loro pentola, come la chiamano loro e vincono le loro “medaglie olimpiche” ogni giorno senza competizione, senza appoggio e senza pubblico e ciononostante lo fanno con questa passione. Io scommetto su questa passione che unisce i matti del mare per vincere, sfidando ogni giorno me stessa, una barca selvaggia, un mare indomabile e venti imprevedibili, -come quel giorno a Santander (lo raccontai nell’ultimo post)-, quando ci siamo trovati con quella calma inaspettata dopo giorni in cui l’Atlantico era così infuriato da far paura anche ai più coraggiosi…

Al contrario dei percebeiros, io riempio la mia pentola grazie al mio lavoro di fisioterapista. E soprattutto ho alle spalle un team fantastico, cui appartiene anche Timefreeze, al quale appartieni anche tu, e tra tutti mi appoggiate incondizionatamente, nonostante i tempi che corrono. È una gran cosa! Non puoi immaginarti quanto grande è.

Per tornare al Fórum di Barcellona, dove ora sono seduta sopra allo scafo del Nacra 17, immagino che tu già possa immaginarti come ci si sente, dopo un’intensa giornata di lavoro. So che per oggi ho lasciato alle mie spalle tutte le bestie, assaporo un momento questo delizioso silenzio, con il tramonto sopra Montjuïc, sento solo le cime che stanno sussurrando al suono della fredda brezza invernale. Respiro profondamente una, due, tre volte… godendo questo momento, e all’improvviso sento un fischio. Sì, ho pensato per un momento di aver lasciato alle spalle tutte le bestie, e ne arriva già un’altra, quella che meno mi aspettavo. Ma questo, te lo racconto un altro giorno, prima che finisca quest’anno.

Al momento ti auguro di passare delle Buone Feste di Natale… ti auguro pace, pace e amore, soprattutto con te stesso e da condividere con gli altri, la tua famiglia, i tuoi amici, con chi tu abbia vicino. E, se c’è qualcosa che non è o non riesce perfetto, non succede niente, la cosa più importante è sentire pace. Vedi, mi manca solo l’Om, ;-). Ti confesso che sono convinta che questa sia la cosa più importante di tutti i regali del mondo.

Con tutto il cuore,

 

Elisabet Llargués

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